Il 2020 è l’anno in cui il POC delle scarpe da corsa stampate in 3D, per la prima volta, emerge dalla polvere. Figlio della nostra attività strategica di R&D, nasce con l’intento di suggerire nuove possibilità a progettisti e designer tradizionalmente non-additive oriented. E tre anni dopo, tutto il mondo desidera le “3D printed shoes”.
La genesi. Com'è nata l’idea di una scarpa stampata in 3D?
Come ragionano i nostri Application Engineer per individuare e proporre al mercato parti la cui produzione in 3D potrebbe fare la differenza? Partono sempre da un limite, da un problema, da un vuoto di mercato e si chiedono se quell’ostacolo può essere superato attraverso le peculiarità della manifattura additiva.
In questo caso la stampa 3D rappresentava un accelleratore di creatività del design, grazie all’alto livello di libertà di progettazione e all'assenza di vincoli; di fatto, un portale verso forme originali e complesse. Le scarpe sono accessori moda per cui la personalizzazione fa la differenza; ma sono anche ausili fondamentali per molte discipline sportive, in cui la possibilità di avere una calzatura letteralmente ingegnerizzata e creata intorno al piede, considerando le peculiarità del corpo dell’atleta, può rivelarsi un driver di valore molto importante. Personalizzazione estrema, ma non solo: da un punto di vista produttivo, poter creare un oggetto sostanzialmente finito consente un notevole risparmio di tempi e costi legati alle operazioni di assemblaggio. Infatti, mentre tradizionalmente una scarpa è un manufatto costituito da più parti (tomaia, conchiglia, intersuola, battistrada), la produzione additiva permette di realizzare un pezzo unico.
Un’intuizione, quella delle calzature, che è stata accolta e cavalcata dal mercato: le scarpe stampate in 3D sono oggi nelle vetrine delle maison più prestigiose e al piede di atleti di fama mondiale.
Qual è il processo di produzione di una scarpa stampata con tecnologia HP Multi Jet Fusion?
Il design finale della scarpa da corsa è il risultato di diverse iterazioni durante le quali sono stati testati differenti reticoli: a seconda dei vincoli di progettazione, come il peso e le dimensioni, e la risposta meccanica desiderata è stata scelta la struttura più adatta.
Dopo aver definito le strutture lattice più funzionali ed esteticamente piacevoli, l’STL (il file di stampa 3D) è stato mandato in stampa. In questo caso, le caratteristiche dell’elastomero – Ultrasint® TPU di BASF – sono state sfruttate per produrre un pezzo dotato anche di certificazione per il contatto con la pelle. Estratta dalla polvere, la scarpa così realizzata è stata prima sabbiata per eliminare eventuali residui, poi sottoposta a trattamento di levigatura chimica con AMT, un processo fisico-chimico altamente controllabile e non abrasivo che ridistribuisce il materiale superficiale ed è in grado di trattare cavità con un diametro fino a 0,3 mm, garantendo riproducibilità e risultati senza degrado delle proprietà meccaniche; la superficie così lisciata risulta completamente sigillata e molto meno soggetta a proliferazione batterica.
Ultimo step di produzione, l'immersione nel colore per ottenere una verniciatura esteticamente piacevole.
Vantaggi
- Libertà di design
- Customizzazione
- Prototipazione funzionale
- Riduzione numero parti
- Sostenibilità del processo